Contratto a termine: E’ sempre un’eccezione!

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IL RAPPORTO DI LAVORO A TERMINE RAPPRESENTA SOLO UNA ECCEZIONE

ALLA REGOLA GENERALE CHE VEDE IL RAPPORTO DI LAVORO

ESCLUSIVAMENTE A TEMPO INDETERMINATO. PER L’ASSUNZIONE A TERMINE

IN SPETTACOLI RADIOTELEVISIVI E’ NECESSARIA LA “SPECIFICITA’”

DELL’OGGETTO DEGLI STESSI ED UN NESSO CON LA MANSIONE RICOPERTA

DAL LAVORATORE. IL CONTRATTO A TERMINE GENERA “PRECARIETA’” E

PREGIUDICA L’ESERCIZIO DEI DIRITTI TUTELATI DALL’ART. 21 DELLA

COSTITUZIONE. LA TENDENZA LEGISLATIVA VERSO UNA “FLESSIBILITA’” DEL

RAPPORTO DI LAVORO NON E’ UN PRINCIPIO GENERALE DEL NOSTRO

ORDINAMENTO GIURIDICO ATTESA LA CHIAREZZA DELLA NORMA CIRCA LA

PREVALENZA DEL RAPPORTO DI LAVORO A TEMPO INDETERMINATO.

(Cass. Sezione Lavoro n. 23234 del 17 Novembre 2010)

 

Da sempre si è parlato del contratto a tempo determinato e della necessità che esso abbia, ai fini di una legittimità, il carattere della “straordinarietà”, “temporaneità” ed “eccezionalità”.

Gran parte di un Convegno, recentemente, è stato dedicato al contratto a termine specie alla luce delle rivoluzionarie disposizioni introdotte dalla legge 247/2007 (id: Accordo Governo – Parti Sociali) con quel “famigerato” ed irrazionale termine complessivo di durata (36 mesi) nel caso di reiterazione di contratti a termine tra gli stessi contraenti e,  principalmente, della ininfluenza della locuzione” ancorchè riferito all’ordinaria attività” il cui significato (id: possibilità di scelta imprenditoriale di assumere a termine anche se non ricorrono motivazioni che rendono necessariamente temporanea la prestazione) è stato, per la fattispecie del contratto di somministrazione, falcidiato con sentenze della Magistratura di merito e di Legittimità di segno contrario. Per non parlare, infine, della locuzione introdotta dalla medesima legge 247/2007 all’art. 1 del Decreto Legislativo 368/2001 per la quale” il contratto di lavoro, di norma, è a tempo indeterminato”.

E’ stato, dunque,  posto l’accento sulla funzione di tale tipologia di contratto all’interno del nostro Ordinamento Giuridico: una eccezione alla regola generale che vede il contratto di lavor , di norma, a tempo indeterminato.

 

La sentenza in commento è perciò importante per tre ordini di motivi:

 

a) evidenzia come un conflitto di lavoro si risolva con soluzione giudiziale in ben 12 anni con una pronuncia in sede di Corte di Cassazione. Sarà risolto con le disposizioni del Collegato Lavoro che indicano dei termini perentori per l’instaurazione di un giudizio e consentono, previa certificazione, l’apposizione di clausole  compromissorie per la devoluzione della controversia futura ad un collegio di arbitrato?

 

b) conferma, con un excursus straordinario, il carattere di eccezione del contratto a

termine rispetto a quello a tempo indeterminato e l’ininfluenza, ai fini interpretativi, di una ideologia che vorrebbe il rapporto di lavoro flessibile essendo la norma ben chiara;

 

c) di regola, la mancanza di stabilità lavorativa, è sintomo di “precarietà”.

 

E, per approfondire meglio la fattispecie alla luce della sentenza in commento, non si può  che esaminare il fatto storico.

Una lavoratrice è stata contraente di una serie di contratti a termine con la RAI, svolgendo mansioni di “decoratore”, dal 1996 al 1998 alla luce delle disposizioni ex legge 230/62 ed in particolare dell’art. 1, comma 2, lettera e) che consente l’apposizione di un termine di durata al contratto per “specifici programmi radiofonici e televisivi”.

Quale, allora, il motivo del contendere della lavoratrice nell’adire il Giudice del Lavoro chiedendo la declaratoria di illegittimità del termine apposto ai vari contratti? I programmi cui era stata adibita erano privi di “specificità” e non si evidenziava un nesso eziologico fra la sua specifica professionalità e le esigenze organizzative dei programmi.

Le richieste della lavoratrice vengono accolte nei due gradi di giudizio che riconducono ad un solo rapporto le prestazioni rese nel corso dei vari contratti a termine. La sentenza di I° grado viene emessa nel 2002 mentre quella d’appello nel 2006.

La RAI ricorre in Cassazione sia per violazione di legge ma anche per la tendenza, in sede legislativa, a favorire la flessibilità del rapporto di lavoro della qual cosa i Giudici di merito non ne avrebbero tenuto conto.

La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza N. 23234 del 17 novembre 2010, respinge il ricorso. In primis, gli Ermellini ribadiscono che la fattispecie del contratto a termine è disciplinata da una legge (id: legge 18/4/1962 n. 230) abbastanza chiara nel porre, all’art. 1, come regola generale il rapporto a tempo indeterminato e solo come eccezione quello a tempo determinato.

Non ha, quindi, alcun pregio giuridico il riferimento alla tendenza alla flessibilità del rapporto di lavoro da parte del potere legislativo che resta solo come un dato ed una affermazione ideologica non potendo nemmeno assurgere a principio generale dell’ordinamento giuridico ai fini della interpretazione della norma in quanto questa è ampiamente chiara nel definire il contratto a tempo indeterminato come regola e quello a termine come eccezione a condizione che si verifichino alcuni presupposti tassativamente elencati dalla norma stessa.

Trattandosi, poi, nella fattispecie di un “lavoro artistico”, il ruolo di eccezione del contratto a

termine è ancora più giustificato dalla tutela che l’art. 21 della Costituzione assegna a tale attività donde un sistema di “flessibilità” produrrebbe “precarietà” ed “instabilità” a scapito della tutela che tali attività ricevono dalla norma costituzionale citata.

Ancora più nel merito dell’apposizione corretta del termine in contratti di lavoro aventi ad oggetto prestazioni in spettacoli televisivi e radiofonici, la Corte di Cassazione ribadisce la sussistenza di elementi e caratteristiche di legittimità del contratto:

a) che il rapporto si riferisca ad una esigenza di carattere temporaneo della programmazione televisiva o radiofonica, da intendersi non nel senso della straordinarietà o occasionalità dello spettacolo (che ben può essere anche diviso in più puntate e ripetuto nel tempo), bensì nel senso che lo stesso abbia una durata limitata nell’arco di tempo della complessiva programmazione fissata dall’azienda, per cui, essendo destinato ad esaurirsi, non consente lo stabile inserimento del lavoratore nell’impresa;

b) che il programma, oltre ad essere temporaneo nel senso sopra precisato, sia anche caratterizzato dalla atipicità o singolarità rispetto ad ogni altro evento organizzato dall’azienda nell’ambito della propria ordinaria attività radiofonica o televisiva, per cui, essendo prodotto di caratteristiche idonee ad attribuirgli una propria individualità ed unicità (quale species di un certo genus) lo stesso sia configurabile come un momento episodico dell’attività imprenditoriale e, come tale,

rispondente anche al requisito della temporaneità; c) che, infine, l’assunzione riguardi soggetti il cui apporto lavorativo si inserisca, con vincolo di necessità diretta, anche se complementare e strumentale, nello specifico spettacolo o programma, sicché non può ritenersi sufficiente a giustificare l’apposizione del termine la semplice qualifica tecnica o artistica del personale, richiedendosi che l’apporto del peculiare contributo professionale, tecnico o artistico del lavoratore sia indispensabile per la buona realizzazione dello spettacolo, in quanto non sostituibile con le prestazioni del personale di ruolo dell’azienda.

Con il Decreto Legislativo N. 368/2001 con le integrazioni e modificazioni apportate dalla legge 247/2007 nulla è mutato relativamente alla circostanza che nel nostro Ordinamento la regola generale vuole il contratto di lavoro normalmente a tempo indeterminato laddove apposizioni di termini di durata, al verificarsi di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo, sono e devono essere eccezioni.

Da qui la necessità che la prestazione oggetto del contratto a termine sia eccezionale, temporanea e straordinaria.

Ed è quanto abbiamo sempre sostenuto.