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Permessi e congedi. Precisazioni.

Permessi e congedi - Flaica Lazio

L’Inps ha pubblicato il messaggio n. 6704 del 3 novembre 2015, con il quale fornisce alcune precisazioni circa l’incumulabilità del congedo parentale ad ore con altri permessi o riposi disciplinati dal T.U. maternità/paternità.

Tale incumulabilità risponde all’esigenza di conciliare al meglio i tempi di vita e di lavoro utilizzando il congedo in modalità oraria essenzialmente nei casi in cui il lavoratore intenda assicurare, nella medesima giornata, una (parziale) prestazione lavorativa.

Il genitore lavoratore dipendente che si astiene dal lavoro per congedo parentale ad ore (ex art. 32 T.U.) non può usufruire nella medesima giornata né di congedo parentale ad ore per altro figlio, né dei riposi orari per allattamento (ex artt. 39 e 40 del T.U.) anche se richiesti per bambini differenti.

Allo stesso modo il congedo parentale ex art. 32 T.U. fruito in modalità oraria, non è cumulabile con i riposi orari giornalieri di cui al combinato disposto degli artt. 33, comma 2, e 42 comma 1 del T.U., previsti per i figli disabili gravi in alternativa al prolungamento del congedo parentale (art. 33 co. 1 T.U.), anche se richiesti per bambini differenti.

Risulta, invece, compatibile la fruizione del congedo parentale su base oraria con permessi o riposi disciplinati da disposizioni normative diverse dal T.U. maternità/paternità, quali ad esempio i permessi di cui all’art. 33, commi 3 e 6, della legge 5 febbraio 1992, n.104, quando fruiti in modalità oraria (rettifica della circolare n. 152/2015, che al par. 2.1 ultimo capoverso, fa riferimento ai “permessi di cui all’art. 33 commi 2 e 3 della legge 5 febbraio 1992, n.104”: in luogo di “commi 2 e 3” leggasi “commi 3 e 6”).

Tabella illustrativa delle compatibilità

 Tipo di congedo/permesso Congedo parentale ad ore (art. 32 T.U.)
Parentale ad ore per altro figlio (art. 32 T.U.) non compatibile
Riposi per allattamento, anche per altro figlio (artt. 39 e 40 T.U.) non compatibile
Permessi orari, fruiti in alternativa al prolungamento del congedo parentale, anche per altro figlio (artt. 33 e 42 T.U.) non compatibile
Permessi fruiti in modalità oraria per l’assistenza ai familiari, anche se minori (art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n.104) compatibile
Permessi fruiti in modalità oraria dal lavoratore a beneficio di se stesso (art. 33, comma 6, della legge 5 febbraio 1992, n.104) compatibile

Si rammenta che in base al disposto di cui all’art. 32, comma 1 ter, le ipotesi di incumulabilità sopra dettagliate trovano applicazione nei  casi di  mancata  regolamentazione, da  parte   della contrattazione  collettiva,  anche  di   livello   aziendale, delle modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria. Ne consegue quindi che la contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, nel definire le modalità di fruizione del congedo parentale, può prevedere tra l’altro anche criteri di cumulabilità differenti rispetto a quelli definiti dal citato comma 1 ter dettagliati con il messaggio.

ANZIO (Roma). Contestato il contratto di serie B

ccnl - flaica lazio

Con l’assistenza della FlaicaLazio, i  lavoratori in servizio nella CLINICA VILLA DEI PINI di Anzio hanno deciso di ricorrere al Giudice del Lavoro contro il cambio unilaterale del CCNL. L’azienda, con la firma  di sindacati insignificativi nel settore, ha stipulato  un contratto di serie B, determinando così una disparità di trattamento tra lavoratori di pari professionalità che lavorano gomito a gomito nella stessa Struttura.  Il CCNL incriminato:  CCNL AIOP RSA

Mensa Maggiora (Roma). Accordo cigd.

Servizio mensa - Flaica Lazio

Cassa integrazione in deroga alla Mensa Maggiora. La Pedevilla garantisce la provvisorietà dell’ammortizzatore.

L’ACCORDO

LICENZIAMENTI. Il “motivo economico” non è vangelo.

Licenziamenti - Flaica Lazio

Importante sentenza della Cassazione la  n°5173 del 16-3-2015

La Corte, chiamata ad esprimersi su appello di una società avverso ad una sentenza favorevole al lavoratore licenziato, ha ribadito sue precedenti orientamenti e ha affermato che:

“il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, della L. 15 luglio 1996, n. 604, ex art. 3, è determinato, non da un generico ridimensionamento dell’attività imprenditoriale, ma dalla necessità di procedere alla soppressione del posto o del reparto cui è addetto il singolo lavoratore, soppressione che non può essere meramente strumentale a un incremento di profitto, ma deve essere diretta a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti.

Il lavoratore ha quindi il diritto che il datore di lavoro dimostri la concreta riferibilità del licenziamento individuale ad iniziative collegate ad effettive ragioni di carattere produttivo-organizzativo, e non ad un mero incremento di profitti, e che dimostri inoltre l’impossibilità di utilizzare il lavoratore stesso in altre mansioni equivalenti a quelle esercitate prima della ristrutturazione aziendale”.

Questa sentenza inconfutabilmente stabilisce che il licenziamento non può avvenire per una generica riduzione dei costi o per ristabilire livelli di profitto accettabili per il padrone ed offre nuovi spazi per un proficua difesa dei lavoratori in caso di licenziamento.

E’ utile quindi, nel momento di impugnazione del licenziamento, prestare attenzione oltre che alle ragioni produttive organizzative anche a quelle riguardanti la situazione economica generale.

LA SENTENZA

Roma. Fumata grigia nel cambio appalto al S. Giovanni.

Ospedale San Giovanni - Flaica Lazio

Né accordo, né disaccordo con la C.I.R. nel cambio di appalto della mensa presso l’Ospedale S. Giovanni di Roma. Nella riunione del 29 ottobre presso la Direzione Territoriale del Lavoro D.T.L.  le parti sono rimaste ferme sulle rispettive posizioni. L’azienda, ritiene di poter assumere con orari ridotti i lavoratori in forza alla ditta uscente (Innova);  le O.S., invece, chiedono il rispetto della clausola sociale prevista dal contratto nazionale del Turismo e rifiutano la logica che ad ogni cambio di appalto corrisponda un taglio di  personale

IL VERBALE DI INCONTRO

NASpI. Sostegni ed opportunità.

Precari - Flaica Lazio

Nell’epoca del lavoro  non garantito, è bene  conoscere i nuovi strumenti che agiscono nell’intercalabilità  dei rapporti. Con questo compendio, abbiamo voluto semplificare la lettura della norma non per accettazione supina, ma per agevolare la sua conoscenza e comprensione ai lavoratori precari.

NASpI

Formia. Accordo alla Cosmopol.

Cosmopol - Flaica Lazio

Concluso l’accordo sindacale con il quale si è chiusa  la procedura di mobilità aperta dell’Istituto di Vigilanza Cosmopol di Formia.

L’ ACCORDO SINDACALE

Minimi salariali

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Soldi - Flaica Lazio

Corte costituzionale: importante sentenza sui minimi retributivi per i soci di cooperativa

14/04/2015 E’ costituzionalmente legittimo prevedere per legge che i minimi di trattamento economico per i soci di cooperativa non siano inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria (art. 7, c. 4, del dl 31 dicembre 2007, n. 248, conv. dall’art. 1, c. 1, l. 28 febbraio 2008, n. 31). La Corte costituzionale, con la sentenza n. 51/2015, ha quindi respinto la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Lucca per violazione dell’articolo 39 della Costituzione

E’ costituzionalmente legittimo prevedere per legge (art. 7, c. 4, del dl 31 dicembre 2007, n. 248, conv. dall’art. 1, c. 1, l. 28 febbraio 2008, n. 31) che i trattamenti economici complessivi per i soci di cooperativa non siano inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria.
In concreto si discuteva se applicare il CCNL di settore stipulato da CGIL-CISL-UIL (e controparti datoriali) – cioè quello “comparativamente più rappresentativo” – oppure, come sostenuto dal Tribunale di Lucca e dalla società cooperativa ricorrente, il CCNL multi servizi, stipulato da UNCI–FESICA-CONFSAL.
A parere del giudice toscano – che ha sollevato la questione – la norma in esame, imponendo al giudice, in presenza di una pluralità di contratti collettivi di settore, di applicare un trattamento retributivo non inferiore a quello previsto da alcuni di tali contratti senza una previa valutazione (ex art. 36 Cost.) del diverso contratto collettivo applicato per affiliazione sindacale dall’impresa, inciderebbe autoritativamente sul dinamismo, anche conflittuale, della concorrenza intersindacale, realizzando un’indebita estensione dell’efficacia collettiva dei contratti collettivi (sia pure limitatamente alla sola parte economica), in violazione dell’art. 39 Cost.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 51/2015 (Red. Silvana Sciarra), ha rigettato tale ricostruzione stabilendo che non viola l’art. 39 della Costituzione la norma di legge che assicura ai soci lavoratori di cooperative la salvaguardia del trattamento economico complessivo minimo previsto dal contratto collettivo stipulato dai sindacati maggiormente rappresentativi della categoria.
C’è da tener presente, per avere un quadro compiuto, che la norma impugnata dal Trib. di Lucca è stata adottata all’indomani del Protocollo d’intesa, sottoscritto il 10 ottobre 2007 da Ministero del lavoro, Ministero dello sviluppo economico, AGCI, Confcooperative, Legacoop, CGIL, CISL, UIL, in cui il Governo assumeva l’impegno di avviare «ogni idonea iniziativa amministrativa affinché le cooperative adottino trattamenti economici complessivi del lavoro subordinato, previsti dall’articolo 3, comma 1, della legge 3 aprile 2001, n. 142, non inferiori a quelli previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro sottoscritto dalle associazioni del movimento cooperativo e dalle organizzazioni sindacali per ciascuna parte sociale comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nel settore di riferimento» (punto C).
L’obiettivo, condiviso dai firmatari del Protocollo era, evidentemente, quello di contestare l’applicazione di contratti collettivi sottoscritti da organizzazioni datoriali e sindacali di non accertata rappresentatività, che prevedessero trattamenti retributivi potenzialmente in contrasto con la nozione di retribuzione sufficiente, di cui all’art. 36 Cost.
La Corte Costituzionale, con la sentenza 51/2015, esclude quindi la lesione della libertà sindacale in base all’interpretazione corretta della norma censurata, la quale non impone di applicare a tutti gli appartenenti alla categoria un determinato contratto collettivo nella sua interezza, ma si limita ad estendere loro la garanzia di minimi retributivi individuati da una fonte (il C.C.N.L. stipulato dalle OO.SS. maggiormente rappresentative) generalmente ritenuta quella maggiormente idonea ad assicurare la proporzionalità e sufficienza della retribuzione garantite dall’art. 36 Cost..
In definitiva, per dirla con le efficaci parole di chiusura della motivazione, “nell’effettuare un rinvio alla fonte collettiva che, meglio di altre, recepisce l’andamento delle dinamiche retributive nei settori in cui operano le società cooperative, l’articolo censurato si propone di contrastare forme di competizione salariale al ribasso, in linea con l’indirizzo giurisprudenziale che, da tempo, ritiene conforme ai requisiti della proporzionalità e della sufficienza (art. 36 Cost.) la retribuzione concordata nei contratti collettivi di lavoro firmati da associazioni comparativamente più rappresentative”.
La sentenza, che si riporta integralmente di seguito, offre un interessante spunto di riflessione in relazione alle novità che potranno essere introdotte dal “jobs act” in materia di salario minimo legale (comma 7, lett. g, dell’art. unico legge delega n. 183/2014).

Allegati:
 Sentenza_n.51-2015.pdf

Classificazione:

[Giuridica]  [Note a sentenza]

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