Home Blog Pagina 35

SOCI LAVORATORI E CONTRATTO COLLETTIVO

0

mobilità 

Consulta: socio lavoratore di società cooperative e contratto applicato

 

La Corte Costituzionale, con Sentenza n. 59 del 29 marzo 2013, ha dichiarato improponibile il ricorso relativo alla legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4, della legge n. 31/2008 – sollevata dal Tribunale di Lucca – in riferimento all’art. 39 della Costituzione, che disciplina la libertà sindacale e l’autonomia collettiva professionale, in quanto il giudice remittente avrebbe dovuto sollevare la questione relativamente alle disposizioni che regolano la contribuzione e l’emissione delle cartelle esattoriali.

La sentenza della Corte riguarda la regolamentazione dei rapporti di lavoro nel settore cooperativo in presenza di una pluralità di contratti collettivi e conferma la legittimità costituzionale dell’articolo 7, comma 4 della legge n. 31/2008 secondo cui: “Fino alla completa attuazione della normativa in materia di socio lavoratore di società cooperative, in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, le società cooperative che svolgono attività ricomprese nell’ambito di applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri soci lavoratori, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della legge 3 aprile 2001, n. 142, i trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria”.

Le considerazioni della Confcooperative ed il ccnl UNCI 

 

Cooperative sociali. Il costo del lavoro secondo il Ministero.

0

 

Min.Lavoro: costo orario dei lavoratori delle cooperative del settore socio-sanitario-assistenziale-educativo

 

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato il Decreto Ministeriale del 10 aprile 2013 concernente la determinazione del costo orario del lavoro per i lavoratori delle cooperative del settore socio-sanitario-assistenziale-educativo e di inserimento lavorativo, con decorrenza marzo 2013.

 

D.M. 10 aprile 2012

 La Tabella

Licenziamento per malattia. Stesso Tribunale, interpretazione opposta.

Tribunale di Milano: licenziamento per superamento del periodo di comporto e tentativo obbligatorio di conciliazione

 Il Tribunale di Milano, con ordinanza del 22 marzo 2013, ha affermato che il licenziamento per superamento del periodo di comporto deve essere preceduto dal tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall’art. 7 della legge n. 604/1966, come modificato dall’art. 1, comma 40, della legge n. 92/2012. L’obbligo scaturisce dal fatto che tale tipo di recesso è assimilabile al licenziamento per giustificato motivo oggettivo: il giudice ha ritenuto che la circolare n. 3/2013 del Ministero del Lavoro che escludeva la procedura conciliativa “non può contraddire la norma legale”.

Sull’argomento va, peraltro, ricordato come lo stesso Tribunale di Milano (con altro giudice) con ordinanza de5 marzo 2013  aveva stabilito che il licenziamento per superamento del periodo di comporto non implicava il tentativo obbligatorio di conciliazione previsto nell’ipotesi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, essendo “ontologicamente diverso”. Da ciò discendeva la correttezza interpretativa della circolare del Ministero del Lavoro n. 3/2013.

Non risultano, al momento, altre ordinanze che propendano per l’una o per l’altra tesi.

Lavoro interinale. Contro gli abusi qualcosa si muove.

Contratto di somministrazione e causale generica
 

La generica causale che richiama il contratto collettivo nazionale, inserita nel contratto di fornitura di lavoro temporaneo, rende quest’ultimo contratto nullo, con la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato in capo all’utilizzatore.

Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza del­la Sezione lavoro n. 11411 depo­sitata il 13 Maggio scorso.

La pronuncia ha co­sì respinto il ricorso presenta­to da Poste italiane contro la decisione della Corte d’appel­lo di Milano che aveva dispo­sto l’assunzione di un lavorato­re inizialmente ingaggiato con un contratto di lavoro tem­poraneo. La società aveva sot­tolineato, tra le ragioni dell’im­pugnazione, come non fosse necessario per la particolare ti­pologia contrattuale di lavoro temporaneo indicare alcun tipo di causale.

La sentenza della Cassazio­ne non ha condiviso l’operato dell’azienda e ha invece sottolineato co­me l’articolo 1, comma 2 della legge 196 del 1997 permette il contratto di fornitura di lavo­ro temporaneo nei seguenti casi:

a) nei casi previsti dal contratto colletti­vo della categoria di apparte­nenza dell’impresa utilizzatri­ce stipulati dai sindacati com­parativamente più rappresen­tativi;

b) nei casi di tempora­nea utilizzazione di qualifi­che non previste dai normali assetti produttivi aziendali;

c) nei casi di sostituzione di la­voratori assenti, fatte salve le ipotesi di cui al comma 4 (che prevede le situazioni in cui è vietata la forma del lavoro temporaneo».

Avere perciò riportato nel con­tratto la semplice causale «casi previsti dal contratto collettivo nazionale» è asso­lutamente insufficiente per la Cassazione. L’azienda si è limitata a riprodurre il testo della lettera a) dell’articolo 1 della legge senza procedere peraltro a qualsiasi specifica­zione. Nell’accordo stipula­to non si indica, tra l’altro, a quali contratti collettivi na­zionali si fa riferimento e nep­pure, come sarebbe invece stato necessario, a quale del­le ipotesi previste dalla con­trattazione collettive si inten­de fare riferimento.

La genericità della causale rende quindi il contratto ille­gittimo. Per quanto riguarda le sanzioni, invece, la senten­za si sofferma a chiarire che scatteranno quelle previste per il divieto di intermediazio­ne nelle prestazioni di lavoro e cioè l’instaurazione del rap­porto di lavoro con il fruitore della prestazione, vale a dire con il datore di lavoro effetti­vo. Quindi un rapporto di la­voro inizialmente concluso come temporaneo si conver­te in un contratto a tempo indeterminato con l’utilizzatore.

 

Il generico richiamo a quanto previsto dal contratto collettivo conduce alla conver­sione del contratto di fornitu­ra di lavoro temporaneo in un rapporto a tempo indeter­minato. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza del­la Sezione lavoro n. 11411 depo­sitata il 13 Maggio scorso.

La pronuncia ha co­sì respinto il ricorso presenta­to da Poste italiane contro la decisione della Corte d’appel­lo di Milano che aveva dispo­sto l’assunzione di un lavorato­re inizialmente ingaggiato con un contratto di lavoro tem­poraneo. La società aveva sot­tolineato, tra le ragioni dell’im­pugnazione, come non fosse necessario per la particolare ti­pologia contrattuale di lavoro temporaneo indicare alcun tipo di causale.

La sentenza della Cassazio­ne non ha condiviso l’operato dell’azienda e ha invece sottolineato co­me l’articolo 1, comma 2 della legge 196 del 1997 permette il contratto di fornitura di lavo­ro temporaneo «a) nei casi previsti dal contratto colletti­vo della categoria di apparte­nenza dell’impresa utilizzatri­ce stipulati dai sindacati com­parativamente più rappresen­tativi; b) nei casi di tempora­nea utilizzazione di qualifi­che non previste dai normali assetti produttivi aziendali; c) nei casi di sostituzione di la­voratori assenti, fatte salve le ipotesi di cui al comma 4 (che prevede le situazioni in cui è vietata la forma del lavoro temporaneo».

Avere però riportato nel con­tratto la semplice causale «casi previsti dal contratto collettivo nazionale» è asso­lutamente insufficiente per la Cassazione. L’azienda si è limitata a riprodurre il testo della lettera a) dell’articolo 1 della legge senza procedere peraltro a qualsiasi specifica­zione. Nell’accordo stipula­to non si indica, tra l’altro, a quali contratti collettivi na­zionali si fa riferimento e nep­pure, come sarebbe invece stato necessario, a quale del­le ipotesi previste dalla con­trattazione collettive si inten­de fare riferimento.

La genericità della causale rende quindi il contratto ille­gittimo. Per quanto riguarda le sanzioni, invece, la senten­za si sofferma a chiarire che scatteranno quelle previste per il divieto di intermediazio­ne nelle prestazioni di lavoro e cioè l’instaurazione del rap­porto di lavoro con il fruitore della prestazione, vale a dire con il datore di lavoro effetti­vo. Quindi un rapporto di la­voro inizialmente concluso come temporaneo si conver­te in un contratto a tempo in­determinato.

Lavoratori atipici. Indennità di malattia e congedo parentale

 

I requisiti d’accesso per l’indennità giornaliera di malattia per gli iscritti alla Gestione Separata

  L’INPS, con circolare n. 77 del 13 maggio 2013, ha comunicato l’estensione del diritto alle indennità giornaliera di malattia e all’indennità per congedo parentale ai lavoratori iscritti alla Gestione separata.

Infatti, le tutele previdenziali dell’indennità di malattia e del trattamento economico per congedo parentale sono state progressivamente estese, attraverso provvedimenti normativi e indicazioni ministeriali, a tutti i lavoratori iscritti alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335 – non iscritti ad altra forma previdenziale obbligatoria e non titolari di pensione.

Si tratta di lavoratori rientranti nelle seguenti categorie:

– LAVORO AUTONOMO, per professione abituale ancorché non esclusiva;

– COLLABORAZIONE COORDINATA E CONTINUATIVA;

– INCARICATI  VENDITA A DOMICILIO

La Circolare n. 77 del 13-05-2013

 

I diritti acquisiti

0

Il diritto acquisito è sacro solo per chi ha più diritti degli altri. Altrimenti può tranquillamente decadere.

Per gli esodati il diritto acquisito c’era una volta, con tanto di impegni firmati dalle aziende e dallo Stato, e all’improvviso non c’era più. Chi doveva andare in pensione a 60 anni per diritto acquisito ci andrà a 68 anni.

Per gli ex parlamentari che incassano il vitalizio, il diritto acquisito è inamovibile. Per esempio, Veltroni mantiene il diritto acquisito al vitalizio di oltre 9.000 euro al mese. .

Chi ha il diritto acquisito alla pensione minima però lo mantiene anche se muore di fame. Amato mantiene il diritto acquisito a 32.000 euro di pensione al mese, il minimo per un uomo della sua levatura.

I parlamentari che hanno fallire lo Stato mantengono  il diritto acquisito a un assegno di circa 150.000 euro di reinserimento nella società a fine mandato.

I politici più “amati” dagli Italiani hanno la scorta per diritto acquisito, ai giudici  antimafia viene tolta.

Gli evasori  anno il diritto acquisito allo Scudo Fiscale del 5% sul rientro di capitali, mentre  per  gli artigiani  che dichiarano tutto al fisco la tassazione arriva al 70%.

I giovani hanno il diritto acquisito al lavoro, ma solo se emigrano all’estero.

I   500.000 galoppini  della politica hanno invece il diritto acquisto di vivere agiatamente  con le nostre tasse.

I burocrati di Stato hanno il diritto acquisito di essere inamovibili, oltre che a paralizzare lo sviluppo del Paese.

Gli imprenditori che falliscono hanno il diritto acquisito di suicidarsi. Nessuno li rimprovererà per questo.

I cassaintegrati  che  non riescono più a pagare il mutuo della casa ha il diritto acquisito di essere messo in mezzo a una strada.

I politici hanno il diritto acquisito di comprare nella grande Roma immobili a prezzi di realizzo.

Quando sentite discutere di “diritti acquisiti” state tranquilli, non riguardano mai i vostri, ma quelli di chi li ve li toglie e, ferocemente, si tiene i propri.

 

Licenziamenti dopo la Fornero. Il lavoratore ha ragione, ma il licenziamento è giusto!

Tribunale di Voghera: licenziamento per giusta causa e mancata previsione contrattuale

 Con ordinanza del 14 marzo 2013 il Tribunale di Voghera ha affermato che il licenziamento sproporzionato rispetto alla mancanza commessa è illegittimo, ma la conseguenza non è la reintegra ma soltanto un risarcimento del danno, se il fatto contestato è sussistente ma non si rinvenga una norma contrattuale che preveda per tale mancanza una sanzione di natura conservativa.

La questione ha riguardato il licenziamento adottato nei confronti di un dipendente addetto alla vigilanza anti taccheggio che era intervenuto nei confronti di un cliente, fermato fuori dal punto vendita, in maniera brusca con l’intimazione di aprire la borsa: tutto questo era avvenuto senza avvisare il responsabile del negozio (avvertito soltanto successivamente), in  ciò contravvenendo alla procedura prevista. Il giudice ha rilevato la mancanza ma ha ritenuto che la stessa non fosse di gravità tale da determinare il venir meno del vincolo fiduciario (licenziamento illegittimo e privo della proporzionalità). Non avendo rinvenuto nella contrattazione collettiva alcuna sanzione di natura conservativa, il giudice ha escluso la reintegra non individuando alcun elemento discriminatorio ed ha ritenuto applicabile il comma 5 dell’art. 18 (risarcimento compreso tra dodici e ventiquattro mensilità) che disciplina le “altre ipotesi” di insussistenza della giusta causa

Pontinia (LT). Condannata la TRA.SCO.

La Tra.sco. azienda comunale di Pontinia è stata condannata per attvità antisindacale. SENTENZA TRASCO

Pubblico Impiego. Dal TFS al TFR e ritorno.

0

cerca-lavoro1Un paradosso tutto Italiano.

È risaputo che i governi e i padroni nell’ultimo ventennio si sono accaniti con particolare passione a depredare la classe lavoratrice e i pensionati, calcando la mano sulla “facile preda” dei dipendenti pubblici.

Ma ciò che è stato fatto da Monti con il decreto 185/12 sfiora il ridicolo.

A fronte della Sentenza della corte costituzionale che dichiara illegittima la trattenuta del 2,50% sulla base imponibile con questo decreto il Governo ha sancito il ritorno al vecchio regime di TFS, dimenticandosi completamente degli assunti dopo il 31 dicembre 2000.

Infatti a loro, in base ad un Accordo firmato da CGIL CISL UIL il 29.07.1999 ed al conseguente DPCM del 20.12.1999, le Amministrazioni continuano ad applicare la trattenuta del 2,5%.

I lavoratori subiscono quindi un doppio danno: uno immediato (la trattenuta indebita di parte dello stipendio) e uno “differito” (in quanto il tfr ha dei parametri inferiori a quello del tfs e quindi importi minori).

Il Trattamento di Fine Servizio (TFS), come calcolato ai sensi dell’art. 37 del D.P.R. n.1032/73, prevedeva per il datore di lavoro pubblico un accantonamento,  di cui una quota a titolo di ritenuta a carico del dipendente pari al 2,50% dell’ 80% della retribuzione.

L’art. 12, comma 10 D.L. 78/2010, convertito in legge n. 122/20 10, ha disposto il passaggio obbligatorio per tutti i lavoratori dal TFS al TFR dall’1.1.2011 (quelli assunti dopo il 31.12.2000 sono già in regime di TFR) mantenendo tuttavia la trattenuta in busta paga del 2,50%, tipica del TFS.

La Corte Costituzionale, con sentenza dell’11 ottobre 2012 n. 223 ha pronunciato l’illegittimità costituzionale dell’art. 12 del D.L. 78/2010 nella parte in cui non esclude l’applicazione a carico del dipendente della rivalsa pari al 2,50% della base contributiva.

Il Governo Monti, per evitare di dover restituire a questi lavoratori quanto illegittimamente trattenuto, con Decreto n. 185 del 29 ottobre 2012 ha sancito il ritorno al vecchio TFS (rendendo così retroattivamente legittima la trattenuta del 2,50%, in modo da neutralizzare gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale

locandina nazionale         MODULO RESTITUZIONE QUOTA TFR

 

Salvaguardati. Attenti al lavoro!

0

 

L’INPS, con messaggio n. 6645 del 22 aprile 2013, fornisce ulteriori chiarimenti circa le condizioni di accesso per i c.d. “salvaguardati” facenti parte dei 65.000 e dei 55.000.

Le condizioni per accedere al pensionamento con le regole previgenti la legge n. 214 del 2011 devono permanere fino al momento di decorrenza della pensione, compreso il periodo necessario per l’apertura della c.d. finestra mobile. In particolare, per le categorie dei soggetti cessati dal rapporto di lavoro a seguito di accordi individuali e collettivi di incentivo all’esodo e dei soggetti autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione, la condizione della mancata ripresa di alcuna attività lavorativa successiva alla cessazione/autorizzazione deve sussistere fino alla decorrenza del trattamento pensionistico.

 

  il messaggio n. 6645 del 22 aprile 2013

ULTIMI ARTICOLI