CONDANNATA LA CROCE ROSSA ITALIANA
Il Tribunale del Lavoro di Latina, con sentenza n. 3919 del 21/12/2010, ha disposto:
“..l’inquadramento alla luce delle disposizioni pattizie di cui al contratto collettivo enti pubblici non economici richiamate dall’art. 6 del DPCM 6 maggio 2005 n. 97 delle figure degli autisti soccorritori delle ambulanze della CRI nella posizione B di cui alla citata disposizione pattizia” ..e.. “Condanna la Croce Rossa Italiana a corrispondere le eventuali differenze retributive maturate dall’assunzione al saldo, oltre interessi e rivalutazione.”
In altre parole, la sentenza stabilisce che anche ai dipendenti del 118 spetta lo stesso trattamento economico e normativo di tutti gli altri dipendenti della Croce Rossa Italiana.
Il ricorso era stato proposto dall’avv. Paola CATANI del Foro di Latina, legale della CUB, su mandato di un gruppo di autisti iscritti al sindacato e della stessa R.S.A.
A prima vista sembra l’epilogo di una ordinaria controversia sindacale, ma la storia è più complessa e assume significati ben più profondi.
Inizia nel 2006, quando l’ARES affida alla Croce Rossa di Latina il servizio di emergenza sanitaria. La C.R.I. inizia la gestione diretta ed assume gli operatori del 118. La CRI è Organismo statale, tenuto ad applicare per legge al proprio personale il trattamento economico, normativo e previdenziale dei lavoratori dipendenti da Enti Pubblici non economici.
La C.R.I., invece, non solo a Latina, violando la legge, decide di creare una doppia categoria di dipendenti: all’una, l’elite, l’apparato, il nucleo storico e la “corte”, che opera in condizione di lavoro protetta, confortevole ed agiata, decide di mantenere un trattamento economico di tutto rispetto, per effetto delle ulteriori migliorie integranti il contratto nazionale degli Enti pubblici; all’altra, quella degli operatori in prima linea, sul territorio, nella precarietà delle postazioni, di notte, di festa, con mezzi inefficienti ed obsoleti, col rischio permanente di chi mette in gioco ogni istante se stesso per salvare una vita, con il costo umano del contatto quotidiano con la sofferenza, decide di ridurre il salario attraverso l’applicazione di una normativa impropria, il contratto della sanità privata, notevolmente più basso a causa dello scarso peso contrattuale di quella categoria nel pianeta sanità.
Nonostante le proteste dei lavoratori la C.R.I. non recede. Anzi, blinda l’ improvvida scelta con un accordo sindacale, prettamente verticistico e senza consenso della base, sottoscritto unicamente dalla Federazione dei lavoratori pubblici della Cgil che, paradossalmente, produce i suoi effetti unicamente sui lavoratori che l’Ente considera privati!
L’esito della causa è clamoroso, perché stabilisce un principio che si estende a tutti i dipendenti della C.R.I., anche negli altri territori. Sarà pure un costo aggiuntivo sul bilancio dell’Ente, ma sarà utile per contrastare la tendenza delle pubbliche amministrazioni, che, dovendo ridurre la spesa, tagliano unicamente su coloro che lavorano. Servirà a mettere in crisi una cultura, perché le poste di bilancio di un’Azienda pubblica si compensano con l’efficienza e la rinuncia agli sprechi, non con la “cresta” sul salario dei dipendenti più deboli.
Un sistema perverso, da combattere, che ha contribuito ad impoverire le famiglie e l’economia in generale.
Per chiarezza, nel ricorso l’Avv. Catani aveva chiesto la pronuncia del Giudice anche su un altro aspetto del contratto di assunzione, quello del tempo determinato. Il Giudice si è dichiarato incompetente su questo argomento, che nel frattempo era stato comunque risolto sul piano sindacale.
IL DISPOSITIVO DELLA SENTENZA – C.R.I. LATINA IL MESSAGGERO LA PROVINCIA