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Canone RAI. Chi non paga.

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I giudici amministrativi hanno firmato il provvedimento che accoglie il testo del governo. A renderlo noto è stato, nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Spada, Franco Frattini, presidente della Sezione consultiva degli atti normativi del Consiglio.

I giudici amministrativi hanno dato ieri il via libera al provvedimento del ministero dello Sviluppo economico che riforma le modalità di pagamento dell’abbonamento Rai nella bolletta elettrica. Il Consiglio di Stato aveva infatti invitato nelle scorse settimane il Mise a rivedere il testo e, in attesa, aveva sospeso l’espressione del parere. I punti su cui si erano concentrati i rilievi critici dei giudici amministrativi riguardavano soprattutto la mancata definizione di ‘apparecchio televisivo’ ai fini dell’applicazione del canone Rai e l’assenza di garanzie per la tutela della privacy.

“Sul concetto di cosa sia un apparecchio televisivo è stata fatta chiarezza – ha spiegato Franco Frattini, presidente della Sezione consultiva degli atti normativi del Consiglio – come c’è stata conferma da parte dell’amministrazione sul fatto che se ci sono più apparecchi il canone è comunque uno. E’ stata introdotta anche la previsione che tutti i dati relativi ai cittadini devono essere trattati sulla base del codice della privacy”. Un altro aspetto che è stato chiarito riguarda il ruolo delle aziende elettriche concessionarie del canone. “La compensazione non solo è forfettaria ma è a valere sui fondi destinati all’Agenzia delle entrate – ha detto Frattini – si è tolto ogni dubbio sul fatto che l’aumento in bolletta fosse un pagamento dovuto alle aziende elettriche”.

Per quanto riguarda la definizione di apparecchio televisivo, il principale punto di attrito con Palazzo Spada, l’Agenzia delle Entrate ha precisato, la scorsa settimana, che si intende un apparecchio in grado di ricevere, decodificare e visualizzare il segnale digitale terrestre o satellitare, direttamente (in quanto costruito con tutti i componenti tecnici necessari) o tramite decoder o sintonizzatore esterno. Per sintonizzatore si intende un dispositivo, interno o esterno, idoneo ad operare nelle bande di frequenze destinate al servizio televisivo secondo almeno uno degli standard previsti nel sistema italiano per poter ricevere il relativo segnale TV. Non costituiscono quindi apparecchi televisivi computer, smartphone, tablet, ed ogni altro dispositivo se privi del sintonizzatore per il segnale digitale terrestre o satellitare. Dunque in questi casi il contribuente può dribblare l’addebito in bolletta del canone rai.

Per farlo il titolare dell’utenza elettrica (di tipo residenziale) avrà tempo sino al 16 maggio per compilare ed inviare per via telematica o tramite posta all’Agenzia delle Entrate il quadro A della dichiarazione sostitutiva di non detenzione. Grazie a questo adempimento il contribuente potrà evitare l’addebito in bolletta del canone per tutto il 2016. Se questo temine spira e il documento viene presentato dal 17 maggio al 30 giugno 2016 la dichiarazione avrà efficacia solo per il secondo semestre del 2016. E se si oltrepassa anche il termine del 30 giugno la dichiarazione avrà effetto solo a partire dall’anno successivo, cioè dal 2017. Da notare, inoltre, che la dichiarazione dovrà essere ripresentata ogni anno e potrà farlo anche l’erede dell’intestatario della bolletta. Ad esempio, nel caso di una famiglia composta da due coniugi con un’abitazione la cui utenza elettrica è intestata al marito deceduto la moglie, in qualità di erede, potrà comunicare, compilando il Quadro A della dichiarazione sostitutiva l’assenza di apparecchi televisivi nell’abitazione. E quindi evitare l’addebito del Canone sull’utenza elettrica del marito deceduto.

Situazione più complessa, invece, per i coniugi titolari di seconde case in quanto, in questi casi, l’esenzione sulla seconda casa sarà legata alla circostanza che entrambi i coniugi risiedano nella stessa abitazione: se uno dei due avesse preso residenza nell’altra casa si avrebbero, secondo le Entrate (che continuano ad aggiornare quotidianamente le FAQ), due distinte famiglie anagrafiche e, pertanto, entrambi sarebbero chiamati a pagare il canone.

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L’ACCORDO SINDACALE

Acqua bene pubblico. Diritto al minimo vitale!

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Un cambio culturale per il concetto di  minimo vitale che deve essere assicurato  a tutti i cittadini!

Si parte dall’acqua, ma la battaglia deve proseguire per il diritto ad  un tetto dignitoso, all’assistenza e cura della salute, contro la fame e le carenze alimentari. Cioè, a tutto ciò che appartiene al diritto naturale dell’individuo, quale persona umana concepita  senza differenze originali, stravolto da vecchi e  nuovi padroni del mondo che pensano di aver sostituito Dio.

Saranno garantiti fino a 50 litri al giorno gratis a persona,  anche ai morosi che non hanno pagato la bolletta. Chi non ha pagato la bolletta dell’acqua non rischierà mai più di restare “a secco”.

Infatti, il testo di legge che prevede un minimo vitale di acqua gratis per ogni italiano, ha ottenuto ilo primo sì alla Camera:  saranno garantiti a tutti i cittadini 50 litri di acqua al giorno per i quali non bisognerà più pagare la società fornitrice.

Il servizio sarà considerato completamente gratuito e fuori bolletta idrica in quanto considerato un servizio necessario per la sopravvivenza e fondamentale per la vita. Per chi è moroso con arretrati di pagamento, non dovrà temere l’interruzione della fornitura e potrà beneficiare dei 50 litri gratis, inoltre se presenta un Isee basso può dimostrare la situazione di morosità incolpevole. Il costo per l’acqua gratis, non sarà sostenuto dallo Stato, ma dai cittadini, da coloro che hanno redditi più alti: il costo, dei 50 litri di acqua gratis a cittadino verranno scaricati sulla tariffa applicata agli scaglioni più alti di consumo, questo per incentivare al risparmio delle risorse idriche.

La bolletta dell’acqua sarà più trasparente. Oltre al dettaglio dei consumi, gli utenti potranno conoscere i dati sugli investimenti effettuati dai gestori, sui costi di depurazione sostenuti e anche sulle percentuali medie di perdite idriche nelle reti. A pagare, quindi, saranno i più fortunati, ma resta il dubbio su quale impatto possa avere la proposta di legge sulla nuova disposizione del codice civile, introdotta con la riforma del condominio, “che consente – spiega ancora il sito – all’amministratore, nel caso in cui qualche condomino non paghi le spese mensili da oltre 6 mesi, di sospenderlo dall’utilizzo dei servizi condominiali ‘suscettibili di godimento separato’ come appunto – secondo molti – l’acqua”.

Novità anche sul fronte misurazione con la previsione di interventi per favorire la diffusione della telelettura in modalità condivisa da effettuare attraverso la rete elettrica, tramite l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, al fine di favorire il controllo dei consumi e la verifica del diritto all’erogazione del quantitativo minimo vitale. Nel testo viene previsto altresì, in materia di monitoraggio, anche l’obbligo in caso alle regioni di installare contatori per il consumo dell’acqua in ogni singola unità abitativa, nonché contatori differenziati per le attività produttive e del terziario esercitate nel contesto urbano.

Assemblea sindacale indetta dalla singola R.S.U.

Assemblea Sindacale - Flaica Lazio

Il tribunale di Alessandria ribadisce la validità   La sentenza

Il Tribunale di Milano conferma che la R.SU. non perde la carica: La  sentenza  del tribunale

Donne vittime di violenza, arriva il congedo retribuito.

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Per fruire del congedo e dell’indennità occorre avere un rapporto di lavoro in corso di svolgimento, ed essere inserite nei percorsi certificati dai servizi sociali del Comune di appartenenza, dai Centri antiviolenza o dalle Case Rifugio.

L’ Inps ha emesso le prime istruzioni con la Circolare 5/2016 sulla novità introdotte dal decreto legislativo 80/2015, in vigore dal 25 giugno 2015, che riconosce alle lavoratrici dipen­denti del settore pubblico e privato (con esclusione del lavoro domestico) inserite in percorsi di prote­zione relativi alla violenza di genere – debitamente certificati dai servizi sociali, dai centri antiviolenza o dalle case rifugio – il diritto di astenersi dal lavoro, allo scopo di essere protette,  con un’indennità pari all’ultima retribuzione, con riferi­mento alle soli voci fisse e continuative del trattamento. Al riguardo l’Inps indica che per ultima retribuzione si intende quella individuata ai sensi dell’art. 23 del T.U. maternità/paternità (decreto legislativo n. 151/2001) ossia quella percepita nel periodo di paga quadrisettimanale o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo.

Il congedo spetta per un periodo massimo di 3 mesi equivalenti a 90 giornate di prevista attività lavorativa; di conseguenza, un mese di congedo equivale a 30 giornate di astensione effettiva dal lavoro.

Poiché si tratta di tratta di  giorni effettivi di lavoro il congedo non è fruibile né indennizzabile nei giorni in cui non vi è obbligo di prestare attività  lavorativa quali, ad esempio, giorni festivi non lavorativi, periodi di aspettativa o di sospensione dell’attività lavorativa, pause contrattuali nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto.

Quindi se la lavoratrice, ad esempio, ha un’attività di lavoro su 5 giorni lavorativi, ed indica un periodo di congedo per due settimane continuative dal lunedì della prima settimana al venerdì della seconda, il sabato e la domenica inclusi tra le due settimane non vanno conteggiati né indennizzati a titolo di congedo vittima di violenza di genere.

Gli adempimenti
Per esercitare questo diritto, la lavora­trice, salvo casi d’oggettiva impossibi­lità, è tenuta ad avvisare il datore di lavoro con un termine di preavviso di almeno sette giorni, indicando l’inizio e la fine del periodo di congedo e consegnando al datore di lavoro la certificazione relativa al percorso di protezione. Per consentire all’Inps le verifiche di competenza, la lavoratrice è tenuta altresì a presentare domanda alla Struttura territoriale INPS, di regola prima dell’inizio del congedo (al limite anche lo stesso giorno di inizio dell’astensione). Le lavoratrici che hanno già fruito di periodi di congedo, dall’entrata in vigore della riforma (25 giugno 2015), sono tenute a presentare domanda anche per tali periodi in modo da consentire la verifica dei conguagli eventualmente già effettuati dall’Inps.

La Domanda all’Inps
La domanda, precisa l’Inps, dovrà essere presentata in modalità cartacea utilizzando il modello rinvenibile sul sito internet.  Nella domanda la lavoratrice dovrà indicare il periodo di congedo richiesto prestando attenzione al fatto che che se il periodo indicato comprende giornate non lavorative (es. domeniche o festivi), il congedo va computato ed indennizzato avuto riguardo alle sole giornate di prevista attività  lavorativa.

Il congedo può essere fruito anche su base giornaliera
La legge prevede che il congedo possa essere usufruito anche su base oraria o giornaliera nell’arco temporale di tre anni secondo quanto previsto da successivi accordi collettivi nazionali. In caso di mancata regolamentazione da parte della contrattazione collettiva, la dipendente può comunque scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. La modalità oraria consente alla lavoratrice di astenersi dall’attività lavorativa per un numero di ore pari alla metà dell’orario medio giornaliero (contrattuale) del periodo di paga quadrisettimanale o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo. Quindi, ad esempio, se l’orario medio giornaliero del mese precedente è pari ad 8 ore, l’assenza oraria nella giornata di lavoro deve essere pari a 4 ore, a prescindere dall’articolazione settimanale dell’orario di lavoro.

Il periodo di congedo è coperto da contribuzione figurativa ed è com­putato ai fini dell’anzianità di servizio, nonché per la maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trat­tamento di fine rapporto. Per quanto riguarda la contribuzione figurativa, l’Inps precisa, che spetta anche nel  caso in cui il congedo sia fruito in modalità giornaliera o oraria e segue le regole previste dall’art. 40 della legge 183 del 2010 venendo rapportata agli elementi ricorrenti e continuativi della retribuzione persa nel periodo, nelle giornate o nelle ore di congedo.

La lavoratrice vittima di violenza di genere ha, inoltre, diritto alla trasfor­mazione del rapporto di lavoro a tem­po pieno in lavoro a tempo parziale se disponibile in organico, che dovrà poi essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno.

Le dipendenti pubbliche
Per quanto riguarda le dipendenti pubbliche, l’Inps ricorda che il trattamento economico viene corrisposto direttamente dal datore di lavoro e non dall’istituto di previdenza. In tal caso le somme corrisposte costituiscono reddito da lavoro dipendente e, pertanto, risultano imponibili sia ai fini del trattamento pensionistico, nonché ai fini della gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali e della gestione ENPDEP (Assicurazione sociale Vita) nonchè ai fini del trattamento di fine servizio (TFR/TFS).

ASP Ciampino

asp ciampino - flaica lazio

Proseguono gli incontri VERBALE 

Assenze per malattia e sanzioni. Facciamo il punto.

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malattia - flaica lazio

L’ingiustificata assenza del lavoratore alla visita di controllo – per la quale l’art. 5, comma quattordicesimo, del D.L. 12 settembre 1983 n. 463, convertito, con modifiche, nella legge 11 novembre 1983 n. 638, prevede la decadenza (in varia misura) del lavoratore medesimo dal diritto al trattamento economico di malattia – non coincide necessariamente con l’assenza del lavoratore dalla propria abitazione, potendo essere integrata da qualsiasi condotta dello stesso lavoratore – pur presente in casa – che sia valsa ad impedire l’esecuzione del controllo sanitario per incuria, negligenza o altro motivo non apprezzabile sul piano giuridico e sociale.Il lavoratore dipendente, sia pubblico che privato, il quale abbia dichiarato al datore di lavoro la propria malattia e che, quindi, non si sia presentato sul posto di lavoro, ha l’obbligo di essere reperibile nell’indirizzo abituale o, se diversa, nell’abitazione eventualmente indicata nel certificato medico. L’obbligo di reperibilità sussiste per tutto il corso della malattia, dal primo all’ultimo giorno, compresi i sabati. Nello specifico per i dipendenti statali e quelli degli enti locali della P.A le fasce orarie di reperibilità vanno dalle 9:00 alle 13:00, e dalle 15:00 alle 18:0. Per i dipendenti privati invece la visita fiscale può avvenire dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00.

Per i dipendenti pubblici, il medico fiscale è inviato direttamente dal dirigente dell’Amministrazione: in generale, il dirigente richiede la visita fiscale contemperando l’esigenza di risparmio di spesa pubblica con la lotta all’assenteismo. Attualmente i dipendenti pubblici possono beneficiare dell’esenzione dall’obbligo di rispettare le fasce orarie di reperibilità per le visite fiscali, se assenti per malattia, solo nei seguenti casi:

Patologie gravi che richiedono terapie salvavita

  • Infortunio sul lavoro Inail
  • Malattie professionali Inail, per le quali è stata riconosciuta la Causa di Servizio
  • Stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta

Inoltre, come affermato dall’ARAN l’art. 5, comma 14, della L. 638/1983, stabilisce che “qualora il lavoratore, pubblico o privato, risulti assente alla visita di controllo senza giustificato motivo, decade dal diritto a qualsiasi trattamento economico per l’intero periodo sino a dieci giorni e nella misura della metà per l’ulteriore periodo esclusi quelli di ricovero ospedaliero o già accertati da precedente visita di controllo”.

Tale disposizione ha carattere generale, potendo trovare applicazione sia nei confronti dei lavoratori pubblici sia nei confronti dei lavoratori privati, e non è stata interessata dagli effetti dell’art. 69, comma 1 del D. Lgs. 165/2001 che riguarda, invece, le sole disposizioni legislative o regolamentari concernenti esclusivamente il rapporto di lavoro pubblico.

Pertanto, l’art. 5, comma 14, della L. 638/1983 deve ritenersi ancora applicabile.

Naturalmente, l’applicazione di detta sanzione, che ha la sua fonte nella legge, non esclude la possibilità di aprire anche un procedimento disciplinare nei confronti del dipendente per violazione degli obblighi contrattuali

Solidarietà tra colleghi. Possibile, ma a generosità limitata.

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Il Dlgs 151/15, all’art. 24, ha previsto che si possa aiutare il collega in condizione di disagio cedendogli qualche giorno di ferie o di riposo per assistere un figlio minore,  bisognoso di cure costanti. Ciò solo a titolo gratuito,  per i giorni eccedenti  le quattro settimane di ferie annuali e fatto salvo il riposo settimanale ogni sette giorni,  non essendo possibile derogare al Dlgs 66/03.

Le modalità saranno disciplinate dai contratti collettivi di lavoro.

Sembra più un freno che uno stimolo alla solidarietà sociale.

Dimissioni volontarie. Nuova procedura

A partire dal 12 marzo 2016 le dimissioni volontarie e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro dovranno essere effettuate in modalità esclusivamente telematiche, tramite una semplice procedura online accessibile dal sito Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Il Decreto Ministeriale del 15 dicembre 2015, in base alla previsione contenuta nel Decreto Legislativo n.151/2015, definisce le suddette modalità e individua il modulo delle dimissioni e della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, la loro revoca, gli standard, le regole tecniche per la compilazione del modulo e per la sua trasmissione al datore di lavoro e alla Direzione territoriale del lavoro competente.

Restano fuori, dal campo di applicazione della norma, il lavoro domestico,  i casi di risoluzione a seguito di conciliazione stragiudiziale e le ipotesi di convalida presso le DTL previste dall’art.55 comma 4 del D.lgs. 151/2001 relative ai genitori lavoratori.

È possibile procedere personalmente oppure per mezzo di soggetti abilitati che sono patronati, organizzazioni sindacali, commissioni di certificazione ed enti bilaterali. Rispetto alle commissioni di certificazione costituite presso le DTL sono stati forniti alcuni chiarimenti sulla loro attività di assistenza con laNota direttoriale del 24 marzo 2016.

Per procedere senza l’assistenza dei soggetti abilitati, è necessario avere ilPIN dispositivo dell’INPS. Se ancora non si è in suo possesso, è possibile richiederlo collegandosi al portale dell’Istituto o recandosi presso una delle sue sedi territoriali.

Si potrà così accedere al form online per la trasmissione della comunicazione. Verranno chiesti alcuni dati identificativi; per i rapporti di lavoro instaurati a partire dal 2008 si recupereranno automaticamente i dati relativi alla comunicazione obbligatoria di avvio/proroga/trasformazione o rettifica più recente.

Mentre, per i rapporti instaurati prima del 2008, si dovranno indicare alcuni dati del datore, in particolare il codice fiscale, il comune della sede di lavoro e l’indirizzo email o PEC . Si passerà poi a selezionare la tipologia di comunicazione (dimissioni volontarie, risoluzione consensuale o revoca) con la data di trasmissione (marca temporale).

Una volta confermati i dati inseriti, il modello potrà essere salvato in formato PDF e sarà inviato automaticamente al datore di lavoro e alla Direzione territoriale competente, dal seguente indirizzo di sistema
dimissionivolontarie@pec.lavoro.gov.it.

È possibile annullare la procedura. Il modello salvato sarà associato ad un codice identificativo e alla marca temporale. Tali dati saranno richiesti qualora si decidesse di revocare le dimissioni o la risoluzione consensuale già inoltrate, entro 7 giorni dalla comunicazione.

È disponibile un supporto per gli utenti e gli operatori. Per quesiti sull’utilizzo della procedura è possibile scrivere adimissionivolontarie@lavoro.gov.it.

Se si riscontrano dei problemi nella fase di registrazione a Cliclavoro è disponibile il servizio di assistenza tecnica: clic4help@lavoro.gov.it.

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