Variegato, composito e fermamente convinto il popolo dissenziente che ha partecipato alla manifestazione nazionale indetta dal sindacalismo di base il 23 ottobre.
Nonostante l’inclemenza del tempo e le limitazioni imposte dal governo nei servizi pubblici, centinaia di migliaia di lavoratori hanno sfilato per le vie di Roma e Milano per protestare contro la crisi economica e sociale che stenta ad apparire in tutta la sua gravità a causa del controllo politico sui mezzi di informazione.
Enorme, rispetto al passato, è stata l’adesione allo sciopero nei luoghi di lavoro, specialmente dove abbiamo avuto il tempo di discutere i motivi a base della protesta. Non abbiamo discusso in tutte le realtà perché la Flaica del Lazio è presente in circa 500 aziende ed era impossibile fare tante assemblee. Il problema di arrivare a tutti nella nostra Categoria è sempre esistito e per questo abbiamo deciso di costruire questo sito che ci aiuterà a comunicare meglio con la base associativa.
E’ sceso in piazza il malessere sociale, dei lavoratori con salari di fame, dei precari e disoccupati, di chi non può progettare la vita per mancanza di qualsiasi potenzialità; di chi è senza casa e reclama una politica per l’edilizia popolare o un affitto a canone accessibile; di chi non riesce più a pagare beni e servizi essenziali perché la loro privatizzazione ha dilatato i costi che alimentano le clientele politiche.
C’erano anche gli studenti, per protestare contro i tagli, le disparità, i privilegi, e tutti i provvedimenti governativi che minacciano la centralità della scuola pubblica.
E c’erano i pensionati, i disagiati, e tutti coloro che hanno ragione di protestare contro il mondo intero.
Questa gente sapeva che il giorno dopo sarebbe restato tutto come prima, ma ha partecipato in massa nonostante tutto, perché ha capito che l’unica speranza per cambiare qualcosa è dare forza ad un sindacato diverso, alternativo, forte, unito, capace di ribaltare gli equilibri sociali formatisi tra la sudditanza dei confederali e lo strapotere padronale.
Il mandato implicito che ci conferisce questo popolo, quindi, non è quello impossibile di cambiare nell’immediato il rapporto di forza con il padronato ed il Governo, ma quello di agire per costruire un forte sindacato unitario che nel breve termine possa raggiungere questo traguardo. Ci chiede, per questo, di guarire dal difetto congenito per il quale spesso si è uniti nei proclami ma divisi nella prospettiva, sprecando sistematicamente ciò che si riesce a creare.
Ci chiede di insistere sul percorso dell’unità per evitare che il 23 ottobre 2009 rimanga fine a se stesso, privo di consequenzialità, come è successo dopo la grande manifestazione del 17 ottobre 2008.
Il 23 ottobre è stato anche il giorno delle emozioni, per chi sfilava con la stessa bandiera che per tanti anni è stato il simbolo della propria esperienza. Sono ancora attuali quei colori o vanno messi in soffitta, consegnati alla storia passata, sapendo che le pagine più belle spesso sono scritte con gli addii?
E’ una decisione sofferta, che coinvolge realismo e sentimento. Una scelta obbligata perché la domanda viene dal basso, dal quel popolo che non vuole essere chiamato solo per sfilare nelle manifestazioni, ma democraticamente decidere il mezzo idoneo per il fine da raggiungere.